Prima i Predator, poi i più grandi e potenti
Reaper.
L’Italia sta ampliando progressivamente la sua flotta di UAV (Unmanned Aerial Vehicle) cioè velivoli senza piloti, teleguidati da una stazione di controllo che può essere situata anche dalla parte opposta del mondo rispetto ai velivoli.
La flotta di UAV dell’Aeronautica Militare Italiana ha già preso parte con successo alle operazioni in Iraq e, da oltre due anni, è schierata anche in Afghanistan. A Herat operano al momento 4 Predator che hanno raggiunto recentemente le 5.000 ore di volo operativo con compiti di sorveglianza del territorio e ricerca delle milizie talebane.
Il 32° stormo schiera 6 Predator A ma sono in arrivo 4 Reaper (o Predator B) che saranno integrati da altri due velivoli dello stesso tipo il cui acquisto è stato autorizzato recentemente dalla Commissione Difesa della Camera. I nuovi velivoli, prodotti come i precedenti dalla General Atomics Aeronautical Systems, San Diego, costeranno 10.5 milioni di euro a esemplare.
I Reaper italiani verranno acquistati disarmati e saranno presumibilmente impiegati solo per compiti di sorveglianza con telecamere e sensori a differenza dei velivoli dello stesso tipo anglo-americani che utilizzano parte dei 1.750 chili di carico bellico per trasportare missili e bombe già impiegati con successo in numerose operazioni contro i talebani e contro i leader di al-Qaeda in territorio pakistano (e anche su una
folla di 200 civili).
I Reaper costituiscono di fatto l’anello di congiunzione tra gli UAV di oggi e i futuri UCAV (Unmanned Combat Aerial Vehicle), veri e propri aerei da combattimento senza pilota in fase di sviluppo in Usa e in Europa. Un Reaper può trasportare fino a 14 missili Hellfire contro i 2 di un Predator A.
La scelta di comprarli disarmati non preclude la possibilità di armarli in futuro, come già si è discusso
recentemente.
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