Secondo osservatori internazionali, quello che sta succedendo in Sri Lanka solo è paragonabile col massacro militare compiuto da Israele nella Striscia di Gaza nel gennaio passato. Circa 50.000 persone sono rimaste intrappolate - come successe a Gaza - in una piccola striscia di territorio per 24 ore sotto il fuoco incrociato di batterie terrestri, carri armati ed aeroplani del Governo, alleato degli stati Uniti e "dell’asse occidentale".
Come ha scritto un corrispondente della BBC: "L'esercito stà praticando una specie di 'tiro al piccione' coi rifugiati", tra i quali combattono i ribelli dell’Esercito delle Tigri Tamil (Ltte). Alcuni corrispondenti risaltano la ferocia senza limiti del massacro e l'impotenza (e/o complicità) degli organismi internazionali nel fermarla. Si tratta di un genocidio su grande scala il cui sviluppo ed interessi in gioco vengono sistematicamente occultati o deformati dalla stampa "occidentale", che lo presenta come un conflitto tra un gruppo "terroristico" ed il governo che "cerca" di ristabilire l'ordine. Al contrario, lo sterminio in massa di civili in Sri Lanka non è determinato da una guerra contro il "terrorismo Tamil", come si vuole fare credere, bensì da interessi geoeconomici e geopolitici militari strategici, che hanno a che vedere col controllo dell'Oceano Indiano e delle rotte del petrolio.
L'importanza geopolitica strategica dello Sri Lanka per la futura sopravvivenza energetica di USA, Giappone e Unione Europea, unisce queste potenze in un'azione comune per sterminare la ribellione nazionalista delle Tigri Tamil, che in caso uscissero vittoriose, potrebbero tracciare un'alleanza strategica con l'asse "Russia-Cina-Iran". L'altro attore presente nella disputa per il controllo delle fonti e le rotte petrolifere. Questo è, in essenza, l'obiettivo del massacro perpetrato da un esercito finanziato dagli USA ed addestrato da Israele. Come affermano gli esperti, le casualità non esiste. L’assassinio di civili in Sri Lanka è un modello ripetuto, una specie di operazione da manuale, che le potenze imperiali (Usa per primi), ripetono compulsivamente nei paesi dove esistono ribelli e risorse naturali da depredare. Questa in breve, è la logica della "guerra contro il terrorismo" iniziata da Bush e continuata da Obama.
Secondo le Nazioni Unite, 6.500 civili sono morti e altri 14.000 sono risultati feriti nel periodo di tempo che va da gennaio e metà aprile, periodo dell’'offensiva dell'esercito contro l'insurrezione separatista. L’ONU crede che in quattro mesi circa 200.000 persone siano fuggite dalle zone di combattimento e ora si trovano in campi profughi nel nord del paese insulare, nei quali viene limitato l'accesso alla stampa.
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